martedì 6 marzo 2018

Il primo servizio in farmacia: la dispensazione dei farmaci

Si parla moltissimo di farmacia dei servizi, ma non si deve mai dimenticare che il primo servizio che espleta una farmacia, il più importante e il più esclusivo, è la dispensazione dei farmaci.Non a caso si definisce dispensazione: è molto di più della semplice vendita, è un atto professionale vero e proprio, che richiede competenza, conoscenza, abilità e autorevolezza.
Tutti noi siamo convinti di svolgere con scrupolo il nostro lavoro se leghiamo la cessione del farmaco a poche informazioni di routine (a stomaco pieno, a stomaco vuoto, dieci gocce mattina e sera). Tuttavia queste si possono evincere abbastanza facilmente dal foglietto illustrativo: perché allora deve esserci proprio un farmacista a svolgere tale compito?
In realtà ci sono moltissime cose che possiamo fare per rendere insostituibile il nostro ruolo. Un esempio banale: che cosa deve fare il paziente se avanza delle unità posologiche? Questo capita spesso con gli antibiotici o gli antinfiammatori. Può decidere il paziente se e quando assumerli? Una dose di ibuprofene da 600 o 800 mg non è uguale a quella da 200 o 400 mg presente nei farmaci da banco e non possono essere considerati allo stesso livello: quante volte lo abbiamo spiegato ai nostri clienti?
Sull’aderenza alla terapia, poi, si può scrivere un capitolo quasi infinito: davvero si può pensare che il cliente ammetta spontaneamente di non assumere correttamente i propri farmaci? O che bastino poche domande superficiali e veloci per migliorarne la compliance?
Infine, la fase più ostica per eccellenza: il negare un farmaco se non c’è la necessaria prescrizione del medico. Il problema non riguarda solo il farmaco in sé, per esempio l’acido acetilsalicilico a basso dosaggio, ma la gestione della patologia per la quale viene prescritto. Se il paziente lo acquista sempre con la ricetta del medico e del tutto accidentalmente è rimasto senza farmaco, non c’è dubbio che sia lecita ed auspicabile la dispensazione come farmaco urgente per non fargli interrompere la terapia. Se, pero, vuoi per il costo modesto, vuoi per non perdere tempo dal medico, il cliente decide di acquistarlo sempre senza ricetta, non può essere avallato in questa sua scelta proprio a causa della malattia molto seria per cui il farmaco gli è stato prescritto e che va curata con scrupolo ed attenzione: spesso continua a prenderlo anche se gli è stata cambiata la terapia e non è più compatibile con i nuovi farmaci oppure in caso di malore o incidente può andare incontro ad emorragie che i medici non sanno spiegare e quindi non possono efficacemente e tempestivamente controllare
                                       

domenica 28 gennaio 2018

La nuova Tariffa dei Medicinali e il valore del lavoro

Forse non tutti hanno colto la vera portata della nuova Tariffa Nazionale dei medicinali entrata in vigore il 9 novembre del 2017. Di fatto introduce un nuovo standard qualitativo nella galenica e in tutto il lavoro della farmacia. Non solo: invalida tutti gli alibi che potrebbero giustificare l’operare in modo approssimativo e superficiale.
Ma andiamo  con ordine. Nella valutazione dei costi, la nuova Tariffa, oggi, tiene conto di tutti gli oneri relativi all’osservanza delle norme di sicurezza e di buona preparazione: dal costo dei materiali per la pulizia e la bonifica ambientale, alla quantificazione dei tempi necessari per consegnare il farmaco finito al paziente con tutte le spiegazioni e le avvertenze che può esigere una fase così delicata e complessa. In altre parole: il nuovo prezzo giustifica e ricompensa tutto il lavoro, di preparazione, di esecuzione e di adempimenti burocratici, compreso il momento della dispensazione.
Ne derivano interessanti conseguenze:   
1) se opero a norma di legge e rispetto le Norme di Buona Preparazione Integrali, il nuovo prezzo  è ampiamente giustificato e se non lo applico lavoro in perdita;
2) se mi posso permettere di non applicare i nuovi prezzi (per paura di perdere mercato) significa che non seguo uno standard di qualità accettabile, quindi vendo a basso costo un prodotto di scarsa qualità;
3) non posso più seguire le Norme di Buona Preparazione Semplificate perché non garantiscono il livello qualitativo pagato dal cliente;
4) infine, ma non ultimo, il cliente mi paga anche il tempo che mi serve per giustificargli l’aumento del prezzo, per cui non posso liquidarlo in modo frettoloso o superficiale,  ma ho il dovere di essere chiara, esplicativa, esauriente e convincente. 
Conclusione: la Nuova Tariffa impone un modello completamente nuovo di farmacia galenica, non certo perseguibile da tutte le farmacie italiane, sia per i costi di gestione, ma soprattutto per il lavoro e l’impegno che oggi richiede l’allestimento e la dispensazione dei farmaci, oneri che oggi vengono adeguatamente retribuiti dal cliente e di cui il cliente deve percepire il valore.
La nuova Tarif

domenica 14 gennaio 2018

E se perdessimo le ricette dei pazienti cronici?

Le farmacie, da sempre, danno per scontato la vendita dei farmaci rimborsati dal SSN. Anzi, c’è stato un tempo non troppo lontano nel quale le ricette venivano quasi considerate una perdita, soprattutto in rapporto a tutte quelle attività o prodotti che sembravano offrire un guadagno più consistente ed immediato.
Ebbene, adesso proviamo tutti ad immaginare un futuro nel quale lo Stato ci rimborsi meno della metà di quanto faccia ora. Non è una bella prospettiva, vero?
Lo abbiamo già visto con la Distribuzione Per Conto: quando la vendita dei farmaci esce dalla farmacia non rientra più. Non solo: si apre una falla sempre maggiore e si verifica una vera e propria emorragia. Lo sanno bene i colleghi che lavorano in alcune regioni d’Italia dove questo avviene in   quantità  sempre più significativa.
Ragioniamo: per quale motivo lo Stato dovrebbe pagare di più i farmaci quando ha la possibilità di spendere molto meno? Perché comunque ci sono tanti, troppi sprechi? Il risparmio che ottiene copre abbondantemente perdite e sprechi. 
Di fatto il farmacista che dispensa meccanicamente i farmaci prescritti costituisce un costo inutile e non giustificato. Le farmacie permetterebbero  a tutti di accedere facilmente ai medicinali di cui hanno bisogno? La consegna direttamente a casa tramite corriere costa decisamente meno e in poco tempo prenderà decisamente piede.
Previsioni catastrofiche e poco realistiche?
Purtroppo siamo abituati a pensare che ciò di cui non si parla non esiste. Niente di più falso. 
Davvero è ipotizzabile che le regioni abbiano accantonato i progetti sulla gestione della cronicità? Il problema è talmente grosso e complesso che non possono esimersi dal cercare di risolverlo.
Una momentanea battuta d’arresto dovrebbe solo essere vista come il miracolo di un po’ di tempo in più per organizzarci in proposte valide e consistenti.
ASFI, nella riunione dei consiglieri di venerdì 12 gennaio, ha deciso di patrocinare due importanti iniziative in tal senso: la Settimana dell’Ipertensione e del Rischio Cardiovascolare e un convegno di due giorni sulla Gestione della Cronicità in Farmacia.
Lo spirito che guida queste attività non è quello di coinvolgere il maggior numero di colleghi possibile, ma solo coloro che sono veramente motivati e convinti: non sono certamente impegni adatti a tutti, richiedono sincero interesse, determinazione, lavoro, accuratezza. Non si improvvisa nulla, né si può derogare da regole e procedure rigorose perché dobbiamo dimostrare di essere competenti e competitivi in un settore che ci vede partire svantaggiati. 
Io guiderò l’organizzazione di entrambe i progetti e mi impegnerò con tutte le mie forze a realizzare qualcosa di valore: ci credo veramente, così come sono fermamente convinta che la sopravvivenza della farmacia privata si giochi tutta sul paziente cronico.
Ho bisogno, però, della collaborazione e del sostegno di tutti coloro, e sono tanti, che hanno voglia di creare una farmacia veramente nuova e diversa: l’obiettivo è lí, davanti a noi, raggiungibile. 
Dobbiamo solo volerlo. 



sabato 6 gennaio 2018

La causa contro Mediaset: le ragioni del sí, le ragioni del no

Il giorno 5 gennaio 2018 ho depositato la querela per diffamazione nei confronti del signor Ezio Greggio,  del signor Antonio Ricci e di Mediaset SpA, presso il tribunale di Verona.
L’incontro di mediazione legale è già stato fissato per il 7 febbraio 2017: se i convenuti accetteranno di parteciparvi e raggiungeremo un accordo soddisfacente la ritirerò senza alcun problema. In caso contrario, mi affiderò alla decisione di un giudice. Tutti coloro che lo desidereranno si potranno associare a me nella causa penale, lo specifico in quanto molti colleghi me lo hanno chiesto. 
Mi sembrano doverose alcune osservazioni preliminari.
1) Nel momento in cui sto scrivendo ci sono state 63.471 visualizzazioni del post precedente: evidentemente l’iniziativa ha suscitato un’enorme curiosità e interesse.
2) Il 93,7% dei pareri espressi è stata positiva: non avevo ricordi di sentire la categoria così unita e solidale. Titolari, collaboratori, farmacisti di parafarmacia, anche qualche farmacista ospedaliero, per una volta, sono stati concordi nel ritenere importante opporsi con forza ad una campagna diffamatoria  che ci svilisce e ci umilia relegandoci ad un ruolo di opportunisti approfittatori. La farmacia dei servizi, quella che dovrebbe vincere la sfida della nuova epoca, ha bisogno di professionisti preparati e determinati, a cui le persone possano dare credito e fiducia. 
3) I giudizi sfavorevoli. Li possiamo dividere per semplicità in tre gruppi:
    a) ci sono coloro che ritengono che ci meritiamo la diffamazione di cui siamo stati fatti oggetto: ognuno, naturalmente, è libero di pensare quello che vuole. Posso  solo dire che, secondo me, la diffamazione non è mai accettabile e che non deve mai essere accettata: gli altri ci trattano come noi permettiamo loro di trattarci, e sta a noi, a ciascuno di noi, stabilire i ruoli e le condizioni alla base del rapporto reciproco con gli altri
    b) ci sono coloro che temono ritorsioni o vendette. Che cosa ci può succedere di peggio? Siamo stati diffamati gratuitamente, senza alcuna colpa da parte nostra, per una cifra modesta che rappresenta un adeguamento della Tariffa dopo ventiquattro anni. Ventiquattro anni, un altro millennio, un’altra era geologica. Il prezzo di un oggetto, di una prestazione, rappresenta il valore che gli viene attribuito: se il valore del servizio notturno di un farmacista laureato e abilitato vale davvero solo 3,87 euro, forse vale la pena di abolirlo del tutto in quanto giudicato, in fondo, inutile e superfluo.
     c) ci sono coloro che avrebbero preferito una soluzione “politica”. Purtroppo tale episodio è di per sé il frutto del fallimento della politica ed è altamente improbabile che la politica stessa possa porre rimedio ad una tale scorrettezza. La via giudiziaria ci permette di far sentire anche la voce di tutti quei farmacisti che ogni giorno lottano per affermare la propria professionalità, ci mettono la faccia nel rapporto con le persone, e che molto spesso non hanno modo di esprimere pubblicamente le loro ragioni e di far valere le proprie opinioni

lunedì 1 gennaio 2018

Ho fatto causa a Ezio Greggio, Antonio Ricci e Mediaset per diffamazione

Il 30 dicembre 2017 ho avviato un’azione civile nei confronti del signor Ezio Greggio, del signor Antonio Ricci e di Mediaset SpA per la puntata di Striscia la Notizia del 16 dicembre 2017 nella quale il signor Greggio giudicava la richiesta di 7,50 euro (sette euro e cinquanta centesimi) per la chiamata notturna in farmacia una “rapina legalizzata”. Prima dell’Epifania depositerò la  querela penale  nei confronti degli stessi.
Prima di compiere un passo del genere ho riflettuto a lungo; ho aspettato per vedere se qualcuno molto più autorevole e rappresentativo di me avesse deciso di promuovere qualche iniziativa simile, ma a tutt’oggi non mi risulta nulla di tutto questo. 
Allora ho preso il coraggio a due mani e l’ho fatto io, perché non sono d’accordo con coloro che pensano  sia meglio far finta di niente e far passare tutto sotto silenzio così viene dimenticato più in fretta e facilmente; perché credo che non sia giusto nei confronti di coloro che ogni giorno, ogni turno, fanno il loro dovere con scrupolo e dedizione; perché  il nostro lavoro e il nostro impegno meritano  rispetto e riconoscimento.
Perché quando un farmacista consegna  un farmaco fuori orario non è un distributore automatico che eroga meccanicamente un prodotto qualunque: con 7,50 euro il paziente paga una soluzione ad un problema, indicazioni corrette sull’uso e sulle dosi di un farmaco, conforto e sostegno in un momento di difficoltà, l’opportunità di rimediare ad una propria dimenticanza. 
Perché tutti hanno il diritto di veder riconosciuto il lavoro straordinario, e il farmacista è un professionista laureato ed abilitato che svolge un lavoro notturno obbligatorio e non si capisce bene perché debba farlo gratis, in nome di quale legge o regola non scritta.
Perché, se quello che vogliamo tutelare è un diritto fondamentale per il cittadino, potrà essere l’Amministrazione Pubblica a pagare il servizio qualora lo reputi improcrastinabile, esattamente come sono gratuiti per l’utente i codici gialli e rossi al Pronto Soccorso.
Nella Tariffa Nazionale dei Medicinali del 1993 il Diritto di chiamata notturna ammontava a lire 7.500, convertito in euro 3,87. Nel 2017 lo stesso Diritto è di 7,50 euro: davvero è una rapina?
La legge impone per il risarcimento civile della diffamazione il tentativo di mediazione obbligatoria: mi piacerebbe molto se il signor Greggio, il signor Ricci e Mediaset SpA aderissero all’incontro formale, vorrei veramente capire perché mi giudicano una ladra quando svolgo il mio lavoro, straordinario obbligatorio, durante le ore notturne, per 7,50 euro a chiamata. In verità, a me sfugge completamente



domenica 10 dicembre 2017

Passato, presente e futuro

Sono molti giorni che rifletto sul futuro delle farmacie private, ho ascoltato e letto tutto quello che ho potuto, e sono giunta ad una conclusione che cercherò di esporre in modo semplice e sintetico. 
La farmacia è un’azienda e come tutte le aziende deve essere diretta da un imprenditore. Uno dei compiti principali di un imprenditore è quello di “annusare” il mercato, di cercare di capire, cioè, come si sta evolvendo la società, quali potrebbero essere le nuove esigenze delle persone, quali le  nuove opportunità che si possono configurare a medio e lungo termine. Siamo bombardati da opinioni differenti e non è così facile e scontato scegliere a chi dare retta, ma anche essere imprenditore non è facile, la cui vera abilità consiste proprio nel districarsi fra impulsi diversi e contrastanti e crearsi delle opinioni proprie.  Esiste un modo per sapere se le nostre intuizioni sono fondate ed affidabili? Assolutamente no: io ipotizzo che il futuro della mia azienda sia legato a determinate iniziative ed investo tempo, denaro, impegno e lavoro per incamminarmi nel percorso che ho individuato, ma non posso avere nessuna certezza né di averci visto giusto né che avrò successo. Devo rischiare, non posso fare altrimenti, è sicuramente un rischio ragionato e ponderato, ma ha comunque un margine di incertezza altissimo. Posso evitarlo puntando solo a scelte caute sicure e collaudate? Ancora una volta, purtroppo no. Fino a qualche anno fa per gestire in modo soddisfacente una farmacia era sufficiente non commettere errori troppi grossi, non sprecare denaro e risorse in affari troppi azzardati. Tuttavia, oggi questo atteggiamento virtuoso e prudente si sta rivelando fallimentare perché ci ha allontanato dalla voglia di investire ed evolverci, inducendoci a non allontanarci da percorsi già sperimentati, ma proprio per questo obsoleti e superati.
La società cambia sempre più rapidamente e con essa cambiano le esigenze delle persone: l’unica vera opportunita che abbiamo di sopravvivere  è cercare di cogliere questi mutamenti e possibilmente anticiparli. Illudersi che niente stia cambiando davvero significa solo farsi trovati del tutto impreparati di fronte alla realtà e quindi subire impotenti i mutamenti 


lunedì 13 novembre 2017

Farmamico 2017

Anche quest’anno ho partecipato a Farmamico è ancora una volta vorrei ringraziare Damiano per l’eccellente lavoro che ha svolto e per il grande valore di contenuti dell’evento. Che cosa porto a casa? Per me, per la mia vita ed il mio lavoro, una cosa un po’ particolare: l’importanza di guardarsi da fuori, di valutarsi con metodo, di giudicarsi nello stesso modo con cui si analizzano gli altri, i collaboratori, per esempio. 
Immagino che detta così, possa sembrare una banalità colossale, una cosa piuttosto insignificante rispetto a tutto quello che è stato detto e fatto. Non lo è, assolutamente. Tutti noi siamo ragionevolmente convinti di conoscerci, di sapere perfettamente quali pregi e difetti abbiamo, di essere coscienti dei nostri punti deboli e degli  elementi di forza. Non è quasi mai così, o, perlomeno, facciamo un’enorme fatica a dare il giusto peso agli aspetti che ci caratterizzano: o siamo troppo critici (non lo so fare, non sono capace, non è nelle mie corde) o troppo indulgenti (non sono un buon capo, ma sono simpatica, tollerante, e i miei collaboratori mi vogliono bene lo stesso). 
Facciamo, in genere, anche una gran fatica ad affrontare la realtà semplicemente per quello che è: per cambiare veramente bisogna avere fame, fame vera. La maggior parte delle volte, non abbiamo veramente fame, ma più voglia di mangiare qualcosa di buono: riconosciamo tutti che la farmacia non rende più come una volta, ma non avvertiamo l’urgenza di fare qualcosa per garantire un futuro alla nostra azienda perché non ne percepiamo veramente la fragilità e la precarietà attuale. C’è un’enorme differenza fra avere fame o avere solo un leggero languorino: se hai fame, se i crampi ti attanagliano lo stomaco, l’istinto di sopravvivenza ti fa superare tutti i dubbi e le diffidenze, ti butti e basta, tutto, pur di mettere qualcosa nello stomaco.
Se non hai veramente fame, tendi a vedere solo ostacoli, difficoltà, impedimenti: non si può, è vietato, e se a qualcuno non dovessero piacere le mie scelte?
Io che sono da sempre attanagliata da una fame atavica, insaziabile, devo fare i conti con un carattere irruente, in lotta perenne fra timidezza e determinazione, fra ansia e incoscienza, volontà e paura, in questi giorni ho imparato che dovrò impegnarmi a fondo per dare un vero spessore al mio ruolo di capo, che sarà molto dura, molto di più di quanto avevo immaginato, ma anche che devo farcela e che posso farcela. Il corso inizia quando finisce: e allora coraggio, cominciamo a darci da fare