venerdì 23 giugno 2017

La Tariffa nazionale dei medicinali


Dopo ventiquattro anni e, pare, innumerevoli quanto reiterate suppliche, finalmente si apre un tavolo con il Ministero della Salute al fine di un doveroso aggiornamento della Tariffa nazionale dei medicinali.
Comprensibile la soddisfazione di tutte le associazioni di categoria  per un tanto agognato traguardo, tuttavia, a questo punto, si tratta di capire che cosa chiedere.
Cominciamo da un'osservazione ovvia e banale: la farmacia del 2017 non ha nessuna parentela con quella del 1993, tutt'altri costi di gestione, tutt'altra rendita, impegno e onere di lavoro completamente diversi.
Prima inevitabile conclusione: aggiornare semplicemente la Tariffa appare improponibile e inaccettabile. D'altra parte, la tentazione ci sarebbe: se abbiamo dovuto aspettare ventiquattro anni per  vederci riconosciuto il diritto ad un adeguamento dei prezzi che in qualunque altro ambito sarebbe stato statuito  direttamente nel decreto di partenza, il primo impulso è quello di prendere subito quello che ci potrebbe venire offerto senza particolare sforzo, portare a casa il risultato ottenuto e gridare alla vittoria della categoria.
Il fatto  è che non sarebbe una vittoria, ma l'ennesima umiliazione di una professione che non merita certamente di subire ulteriori svilimenti.
Il farmacista è un professionista come stabilisce il decreto legislativo  n. 206 del 2007 (che recepisce la direttiva UE) e come tale va considerato,  per cui bisogna necessariamente  affiancare al concetto di tariffa quello di onorario. Purtroppo, invece,  la Tariffa del 1993 quantifica il lavoro del farmacista in base al Contratto Collettivo Nazionale dei dipendenti, togliendogli quindi un'identità professionale per riconoscergli solo un ruolo subordinato e  privilegiando erroneamente il prodotto da vendere rispetto all'apporto professionale del farmacista.  Se noi accettassimo la stessa impostazione, di conseguenza dovremmo quantificare nello stesso modo anche l'intervento del farmacista nei vari servizi erogabili da una farmacia, con l'inevitabile risultato non solo di deprezzare i servizi stessi, ma, soprattutto, di dequalificarli e svalorizzarli.
Quali dovrebbero essere le variabili che incidono sull'onorario? Sostanzialmente le stesse che influenzano gli onorari di tutte le altre professioni, dal chimico, all'avvocato, al medico, all'ingegnere: la complessità del lavoro, la necessità di precisione ed accuratezza, il rischio, il valore della materia prima, l'innovazione, la qualità. Ragionare per forma farmaceutica, come accade attualmente, non solo non ha più alcun significato, ma sposta l'attenzione da ciò che ha veramente valore a ciò che è mero accessorio.
Infine, un'altra considerazione: in tutte le altre professioni l'onorario fissa soprattutto i limiti minimi a cui si deve attenere un singolo professionista, ma  se un farmaco viene allestito in una farmacia certificata, con attrezzature sofisticate, sottoposto a controllo di qualità e prodotto in seguito a procedure rigorose e continuamente aggiornate, non può avere lo stesso valore di quello prodotto secondo le Norme di Buona Preparazione Semplificate ed è giusto che questo valore gli  venga riconosciuto anche nel prezzo

Politica professione e lavoro

Approfitto dell'ennesimo scivolone del Ministro della Pubblica Istruzione per affrontare un argomento che per i farmacisti è sempre molto difficile: il ruolo e il compito del titolare.
Cominciamo col dire che non solo  le competenze professionali non coincidono necessariamente con le competenze politiche, ma che questo non è affatto necessario.
Ad un ministro si richiedono abilità politiche e amministrative che si sarebbero dovute esplicare soprattutto nella creazione di uno staff di esperti dei vari settori relativi al suo ambito, da lui interamente scelto e pagato, che si dedicasse totalmente ai suoi progetti, che rispondesse solo a lui e di cui fosse l'unico responsabile.
Sicuramente un approccio di tal genere si sarebbe rivelato estremamente oneroso, contro tendenza e dai risultati sicuramente non immediati. Tuttavia sarebbe riuscito a consolidare la sua immagine di buon politico e buon amministratore e ciò potrebbe tornargli estremamente utile una volta che cambino i governi e le situazioni politiche.
Oggi credo che nessuno sappia veramente che cosa accadrà alla farmacia italiana in futuro e quali nuovi scenari si presenteranno, ma non c'è dubbio che il titolare che avrà saputo lavorare con un'eccellente squadra di collaboratori e che avrà comunque saputo sostenere un lavoro dignitoso ed efficace, anche nel caso in cui dovesse non essere più economicamente competitivo e si trovasse a dover scegliere di cedere la farmacia, penso che potrà comunque aspirare ad un ruolo professionale prestigioso.
Al contrario, ho l'impressione che in questo momento di grande incertezza e confusione stiano prevalendo opinioni poco realistiche e poco promettenti: da una parte ci sono coloro che sono rassegnati all'oblio contrapposti a coloro che si affannano a tentare scompostamente ogni strada per salvare  l'indipendenza; dall'altra ci sono quelli che si illudono contro ogni logica di salvare  di fermare l'inevitabile in opposizione a coloro che hanno già svenduto l'essenza stessa di una professione.

domenica 11 giugno 2017

Il valore del lavoro

Una settimana fa il Ministero della Salute ha fissato il prezzo di vendita della cannabis terapeutica a nove euro il grammo.
La cosa non dovrebbe sorprenderci: sono anni che in seguito all'abbassamento dei prezzi determinato dall'entrata in commercio dei generici vendiamo farmaci sottocosto finché il mercato non si assesta sulle  nuove cifre.
Personalmente penso che non sarà neppure l'ultimo deprezzamento che subiremo e tutto sommato ha una sua logica: vista la richiesta sempre più pressante da parte dei pazienti lo Stato ne ha voluto rendendere il prezzo molto più popolare ed abbordabile.
In questo caso  il problema è dovuto al fatto che la dispensazione è subordinata all'allestimento di una preparazione galenica, cioè ad un lavoro complesso e delicato da parte del farmacista e la Tariffa Nazionale dei Medicinali che ne quantifica il valore risale al 1993, un'altra era geologica.
La reazione istintiva ed immediata è stata quella di chiedere al Ministero una revisione ed aggiornamento della Tariffa stessa o, eventualmente, la sua liberalizzazione. Credo tuttavia siano doverose alcune considerazioni .
1) per anni abbiamo considerato solo l'aspetto commerciale della professione del farmacista, "il chi vende che cosa dove e a che prezzo";  "il che cosa si può fare e come" non ha mai interessato veramente  nessuno, anzi l'idea era che meno facevamo, meno responsabilità ci assumevamo, meno pasticci facevamo.
Adesso è veramente difficile essere credibili ed autorevoli: improvvisamente dopo ventiquattro anni, solo oggi, ci accorgiamo che il nostro operato è svilito e sottopagato?
2) la Tariffa viene liberalizzata. Una considerazione per tutte: un prodotto ha un valore oggettivo e un valore percepito. Nel nostro caso il valore percepito è bassissimo perché è bassissimo il valore che viene attribuito alla professione del farmacista, considerato come quello che si arricchisce alle spalle della persona malata, nonostante lo Stato abbia fatto tutto il possibile per rendere i farmaci più facilmente disponibili
3) viene stabilita una nuova Tariffa Nazionale. Data la scarsa considerazione in cui siamo tenuti anche da noi stessi, che cosa ci fa sperare che vengano fissate cifre adeguate? E anche se lo fossero, come verrebbero percepite dal cliente?
Conclusione: qualunque cosa succeda ne usciamo perdenti da tutti i punti di vista, nei confronti dello Stato, dei cittadini, ma soprattutto nei nostri stessi confronti, umiliati da un sistema che ci ha sempre considerato non dei professionisti, ma dei modesti venditori, incapaci di ricoprire un ruolo diverso da quello di meri dispensatori il cui unico obiettivo è il maggior lucro possibile